Non sono molti i sangiovannesi nati tra la fine degli anni ’20 e gli inizi degli anni ’30 del secolo scorso, che, non avendo potuto partecipare per ovvi motivi d’età alle guerre di conquista in Africa e alla seconda guerra mondiale, conservano tuttavia ancora nitide e vive le immagini degli anni di guerra 19401943. Uno di costoro è certamente Paolo Olivo, che l’anno scorso ha pubblicato per le Edizioni Pubblisfera un agile volumetto con i suoi ricordi di vita: familiari e di esperienza politica e sindacale. Ma sono tuttavia tanti gli avvenimenti che, per l’economia del lavoro e pur meritando di essere raccontati, non vi hanno trovato spazio. Di particolare importanza un episodio che il paese ha vissuto nel settembre 1943. Paolo Olivo aveva allora 11 anni, ma ricorda bene l’avvenimento.
Da alcune settimane, acquartierato nella spianata di Palla Palla vicino al campo sportivo, stazionava un contingentedi truppe tedesche. Era stato
mandato con molta probabilità nel paese silano per controllare in quel punto la statale Silana-Crotonese e fronteggiare eventuali arrivi di truppe provenienti dalla città pitagorica. E per questo avevano minato anche il ponte sul Neto e quello sull’Arvo, pronti a farli saltare. Con l’occupazione dell’Africa settentrionale, infatti, gli americani avevano conquistato piena libertà di movimento nel Mediterraneo e nei primi di luglio del 1943 erano sbarcati in Sicilia, occupandola in breve tempo e preparandosi a portare il fronte di combattimento in Italia. Negli ultimi tempi, intanto, i rapporti tra l’Italia e l’alleato tedesco si erano molto deteriorati. La situazione precipitò quando la maggioranza del Gran Consiglio del fascismo, in contatto con la Corte, il 25 luglio 1943 approvò una mozione di sfiducia a Benito Mussolini, che fu destituito da capo del governo e fatto arrestare dal re Vittorio Emanuele III. Il nuovo governo del generale Pietro Badoglio cominciò subito a negoziare segretamente con il Comando angloamericano in Italia e il 3 settembre a Cassibile, in Sicilia, fu firmato un armistizio reso noto solo il successivo 8 settembre.
Racconta Olivo che appena a San Giovanni in Fiore giunse la notizia, il clero sangiovannese chiamò la popolazione in chiesa madre per un Te Deum di ringraziamento. Seguì poi una processione con la statua di S. Giovanni Battista, che, dopo aver percorso via Florens, al Canale di Cimino svoltò su via Roma. Poco dopo i Quattro Cantoni, allo Sventramento, la processione si trovò davanti il contingente di soldati tedeschi armati fino ai denti con mitra, fucili, granate e altro ancora. Anche loro avevano avuto notizia dell’armistizio, ma forse non nella forma corretta. Per cui avevano lasciato Palla Palla per congiungersi con le truppe di stanza a Cosenza, senza aver prima fatto saltare i ponti. I tedeschi guardarono sorridendo e meravigliati quella processione con tanti uomini, donne in costume e bambini che cantavano inni religiosi popolari come Rusàriu a San Giuvànni, Guarda chi bellu jurnu chi fu oje e altri ancora in un dialetto per loro incomprensibile. Sorrisero alla gente e poi si fecero da parte nello stretto spazio davanti al palazzo di Cribari per fare avanzare la processione, che, dopo aver passato momenti di autentica paura, proseguì pregando e cantando verso la Costa e su corso Umberto I per raggiungere di nuovo la chiesa madre. I tedeschi ripresero la marcia verso Cosenza e Trepidò. È probabile che a un certo punto furono messi a conoscenza che l’armistizio non li riguardava per nulla e che la guerra per loro continuava. Ma ormai era troppo tardi per far saltare i ponti e mettere in atto rappresaglie contro la popolazione. Prostrati in chiesa davanti alla sua statua, i sangiovannesi pregavano e ringraziavano il Santo Patrono per avere ancora una volta salvato la città.
Articolo pubblicato su “il nuovo Corriere della Sila”, num. 2 del 5 Febbraio 2016