Giunti in questo periodo dell’anno è già trascorso un po’ di tempo da quando le nostre patate sono state conservate in dispensa. Durante la conservazione la patata invecchia diventando rugosa, a volte con zone verdastre e con germogli sempre più evidenti. Ed è proprio in questi casi che insorgono i dubbi sulla loro eventuale tossicità. Cosa fare allora? Meglio gettarle via o è possibile continuare a consumarle?
La tossicità della patata è correlata alla presenza delle solanine, glicoalcaloidi che la pianta stessa produce per difendersi da funghi, batteri o altro, proprio come se fosse un pesticida naturale. Tali alcaloidi aumentano con l’invecchiamento del tubero stesso. Nel nostro organismo le solanine, raggiunti i 3 mg per kg di peso corporeo, esplicano i loro effetti tossici principalmente a carico del sistema gastroenterico con manifestazione di vomito, diarrea e dolori addominali, per poi passare al sistema nervoso con vertigini e mal di testa. Se tale quantità raddoppia (6 mg/kg peso corporeo) raggiungiamo una dose potenzialmente mortale. E a questo punto sorge una domanda: qual è la quantità di solanine contenuta mediamente in un kg di patate? Normalmente ne contengono da 50 a 100 mg/kg, valore molto variabile anche in base all’uso di pesticidi (paradossalmente patate meno trattate contengono più solanina). Tali valori aumentano notevolmente nelle patate germogliate, da 200 a 1000 mg/kg. Facendo due brevi calcoli , un uomo di 70 kg per avere l’effetto tossico dovrebbe mangiare in un solo giorno circa 2-3 kg di patate non germogliate e con la buccia, mentre per quelle in decomposizione, quindi molto vecchie, la dose si abbassa notevolmente fino a 200 gr in un giorno!
Ma non traiamo conclusioni affrettate in quanto ci sono altri fattori da tenere in considerazione: le solanine sono largamente concentrate nella buccia, per cui pelando le patate in modo grossolano gran parte dell’alcaloide va via (80%), una minima parte inoltre si perde nel liquido di cottura, mentre per disattivarla sarebbero necessari oltre 240° (temperature non raggiungibili con i comuni metodi di cottura); ecco che la dose tossica (uomo 70kg) sale dunque a 10 kg in un giorno per le patate fresche e 1 kg per quelle germogliate (molto improbabile)!
Dunque possiamo affermare che un consumo di patate poco germogliate, se sbucciate bene, nel contesto di una alimentazione varia non deve destare preoccupazione, è importante non esagerare e magari se sono eccessivamente raggrinzite e germogliate, beh forse a quel punto il sapore stesso sarà a consigliarci di gettarle via.
Lo stesso discorso non vale assolutamente per i bambini e i lattanti: per loro solo prodotti freschi e di qualità, in quanto nel bambino le dosi tossiche si raggiungono con quantità molto inferiori!
[templatic_contentbox type=”normal” title=”Angela Nuccarini”]
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Vive e lavora a San Giovanni in Fiore. Laureata con il massimo dei voti, sceglie di intraprendere sin da subito l’attività di nutrizionista. Riceve in diverse sedi nella provincia di Cosenza e di Crotone, e collabora con scuole calcio e palestre. Vanta inoltre, docenze di alta formazione, per aggiornamenti riguardo la nutrizione in ambito medico.
La prerogativa della propria attività professionale è quella di applicare metodiche scientificamente validate, evitando quelle tecniche sempre più spesso diffuse da canali non ortodossi che seguono più le logiche del business rispetto a quelle della salute. Continui aggiornamenti e costanti studi, rappresentano l’unica strada perseguita dalla dott.ssa Nuccarini per poter valutare al meglio la situazione individuale di ciascun paziente in maniera tale da applicare i piani alimentari in modo strettamente personalizzato e aggiornato alle più recenti ricerche in ambito nutrizionale.
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