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La storia dei laghi della Sila e della costruzione delle dighe. Una storia avvincente e per certi aspetti anche drammatica, fatta di uomini che con enormi sacrifici hanno reso possibile la costruzione di dighe, sbarramenti, canali e gallerie sotterranee per sfruttare il bene più prezioso che abbiamo in natura: l’acqua.
Le pagine sono tratte da 5 articoli apparsi sul “Nuovo corriere della Sila” nel corso del 2009 e che il Direttore Saverio Basile, che ringraziamo, ci ha concesso la pubblicazione.
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Cecita, il grande lago
di Michele Belcastro
La conca è immensa e le pendici spaziano in lontananza dalle rive del lago, così come pure la strada che lo circonda. La diga è del tipo “muraria ad arcogravità” con un’altezza di 50 metri, il coronamento è lungo 166 metri e largo 3,5. Nel 1951 finirono i lavori di costruzione e a novembre del 1956 vi fù il collaudo. Un’opera colossale costruita dalla S.M.E. (Società Meridionale Elettrica).
Quasi tutta la zona del bacino sotteso è paludosa, solo a ridosso della diga di sbarramento, il contorno del lago acquista la bellezza naturale e un pò selvaggia tipica dei laghi silani.
Con i suoi 108 milioni di mc di acqua è il più grande dei laghi che impreziosiscono l’altopiano silano. L’altezza sul livello del mare è di 1143 metri, 120 metri inferiore sia all’Arvo che all’Ampollino. Oltre ad accogliere le acque ricadenti nel suo bacino imbrifero naturale, è alimentato dal fiume Mucone (dal cui prosieguo prenderanno nome le centrali), dall’omonimo fiume Cecita e dall’importante afflusso proveniente dalla restituzione della centralina elettrica di Vaccarizzo, che a sua volta sfrutta le acque provenienti, tramite condotta forzata, dal laghetto di Ariamacina.
Il laghetto di Ariamacina, sito nel comune di Spezzano Piccolo, geograficamente è il più alto di tutti i laghi della Sila, (escluso il Votturino, che però, quando è in esercizio viene sfruttato solo per irrigazione) trovasi a 1321 metri sul livello del mare ed è alimentato dalle acque del fiume Neto, che nasce dalla Valle dell’Inferno, sotto le pendici del Monte Botte Donato. Il bacino ha una capienza di 1,8 milioni di mc d’acqua ed ha la struttura della diga in cemento del tipo a “gravità” con un’altezza di 14 metri. Venne ultimato nel 1960. Dal laghetto parte una galleria con una portata max di 6mc/sec la quale si allaccia ad una condotta forzata che alimenta con un salto di circa 135 metri la centralina di Vaccarizzo, equipaggiata con una turbina “Francio” da 6 MW di potenza, restituendo le acque con scorrimento naturale nel lago Cecita. A valle di questa piccola diga, il fiume Neto continua il suo corso, ingrossandosi man mano che incontra altri affluenti come quelli provenienti dal Germano e dai Serrisi fino ad incrociare il fiume Arvo, nella località Junture sotto San Giovanni in Fiore, per poi proseguire ancora ed assorbire altri fiumi importanti come il Lese e l’Ampollino e finire la sua corsa sfociando a nord di Crotone nel mare Jonio.
Ironia della sorte, in questo caso, dobbiamo dire volontà dell’uomo, creando il laghetto artificiale di Ariamacina, le acque alte del Neto, anziché seguire il corso naturale del fiume, dirottandole nel lago Cecita un’altra strada gli abbiamo spianato, un altro mare come meta finale: il mare Tirreno.
Il lago Cecita, infatti, alimenta due grosse centrali. La prima è in caverna, ricade nel comune di Acri e trovandosi sulle sponde del prosieguo del fiume Mucone, ne prende il nome: Mucone 1.
Per accedere alla sala macchine ed alla sala comandi, bisogna addentrarsi nelle visceri della montagna e percorrere una galleria lunga 800 metri. In cima alla montagna un gigantesco pozzo piezometrico alto 110 metri, di cui 40 fuori terra è collegato a mezza galleria forzata con il lago Cecita, la portata max è di 20 mc/s, alla base del pozzo s’innesta la condotta forzata in acciaio che con un salto di 635 metri va ad alimentare due gruppi del tipo “Pelton” ad asse orizzontale con una potenza di 100 MW. Le acque rilasciate, con l’aggiunta d’altre acque sussidiarie, vengono convogliate in una condotta forzata e vanno ad alimentare la seconda centrale posta in successione, Mucone 2, sita nel comune di Luzzi. Ha un salto di 307 metri e due gruppi del tipo “Francis” con una potenza di 54MW.
Infine le acque rilasciate, seguendo il corso del fiume Mucone si riversano nel Crati nei pressi di Tarsia, per essere utilizzate a scopo irriguo e finiscono la loro corsa sfociando nel mar Tirreno.
Articolo tratto da “il nuovo corriere della Sila“, 5 Ottobre 2009
Ampollino, lago pilota
Arvo, la diga dei primati
Cecita, il grande lago
Passante, il lago più giovane e più piccolo
Il lago mancato